Insegnante, pacifista, antimilitarista: ecco Antonio Mazzeo

15/05/2014

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I volontari di Arcigay Catania hanno incontrato Antonio Mazzeo, candidato dell’Altra Europa per Tsipras nella circoscrizione Isole.

In Italia hanno sollevato grosse polemiche alcuni opuscoli realizzati per la formazione degli insegnanti sui temi della discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere; altrettante polemiche ci sono state per i laboratori per bambini, realizzati in diverse parti d’Italia, in cui, attraverso favole “rivisitate” si tentava di scardinare alcuni stereotipi. Le polemiche riguardavano in entrambi i casi l’opportunità di mettere l’infanzia a contatto con alcuni temi, come l’omosessualità. Lei che ne pensa?

«Rispetto le polemiche, ma mi sono convinto che esse non rispecchiano lo stato all’interno delle scuole, perché io, essendo anche un insegnante, non ho percepito tutto questo scandalo. Anche perché credo che tutto questo si accompagna a un attacco alla scuola, rimasta ormai l’unico agente di socializzazione che sfugge al controllo politico e all’omologazione. Ovviamente nell’attacco generale ci è finito anche questo, per cui io ridimensionerei la campagna mediatica che è stata fatta sul mondo della scuola che secondo me è molto più maturo di ciò che si vuole far credere. Il problema, che, ripeto, non riguarda solo il tema dell’omosessualità o della concezione della famiglia, ma anche ad esempio la questione dell’immigrazione, fa capo semmai a certe forze politiche iperconservatrici, reazionarie, neofasciste, nazionalsocialiste, che utilizzano sistematicamente tutta una serie di questioni per alzare lo scontro sociale. Ritenendo che probabilmente giocando sulla famiglia, sull’omosessualità, sulle discriminazioni in genere si riesca a ottenere consenso. Personalmente credo che questo paese, soprattutto la scuola negli ultimi anni, sia molto cresciuto in maturità. A scuola è ancora tabù parlare di sessualità ma di certo non per colpa degli insegnanti o dei ragazzi, e non è un caso che gli insegnanti colpiti abbiano avuto la piena solidarietà delle studentesse e degli studenti oltre che della stramaggioranza delle famiglie».

 

Nella sua famiglia assumerebbe una babysitter o un babysitter transessuale?

«Sì, non vedo assolutamente dove stia il problema. Personalmente ho fatto il cooperante all’estero e in un progetto avevo una trans che era una persona straordinaria, che ha lavorato benissimo. È vero che era in Brasile dove, rispetto soprattutto i transgender e la transessualità c’è anche una relazione storica completamente diversa, nonostante sia un paese dove la chiesa cattolica ha un ruolo determinante, tuttavia questa trans è stata assunta regolarmente e, ripeto, è stata una persona straordinaria dal punto di vista professionale e umano, anche in un progetto complesso dove era molto complicato riuscire a mettere insieme anime diverse».

 

Alcuni giorni fa il sindaco di Grosseto, sulla base di una sentenza favorevole del tribunale della sua città, ha registrato negli atti comunali il matrimonio tra due uomini celebrato all’estero. Sentendo la notizia cosa ha pensato?

«C’è secondo me un’Italia a doppia velocità, noi pensiamo che i tribunali normalmente sono molto più arretrati rispetto alle questioni dei diritti civili e umani. In Italia succede ancora una volta che abbiamo due differenze enormi tra quello che è il paese reale, che secondo me è molto più avanti e molto più proiettato a comprendere la complessità delle relazioni umane, e il mondo della politica istituzionale, governi e parlamento. Su questo credo in tutta sincerità che il problema sia trasversale, non riguarda soltanto le organizzazioni di estrema destra, anche il PD oggi al governo ha al suo interno le posizioni di tutto e il contrario di tutto ed è un partito bloccato anche su queste scelte nonostante ci siano un mare di iscritti e un mare di dirigenti che tranquillamente esternano il loro orientamento sessuale».

 

Dopo l’approvazione in Russia delle cosiddette norme “anti-gay”, molti capi di stato mondiali hanno disertato l’inaugurazione dei giochi olimpici di Sochi per manifestare il proprio dissenso. Enrico Letta, allora primo ministro italiano, partecipò: lei che avrebbe fatto al posto suo?

«Se avessi avuto la coscienza pulita, da pacifista antimilitarista, non ci sarei ovviamente andato. Il gesto di Letta mi ha lasciato perplesso perché ho avuto l’impressione che si sia strumentalizzata questa vicenda in un conflitto reale tra buona parte dei paesi occidentali e la Russia che purtroppo con le questioni di genere e di orientamento sessuale non ha niente a che fare. Per cui personalmente non sarei andato ma ero legittimato a farlo perché non ho nessun interesse economico da dover difendere o da dover mettere in conflitto con la Russia. A me è sembrato che questo fatto sia stato utilizzato strumentalmente, non è un caso che Letta ci è andato e secondo me ci è andato non perché in contrasto alla visione rispetto alle discriminazioni ma perché l’Eni e Finmeccanica hanno relazioni determinanti per l’economia, per cui i diritti umani ovviamente non contano nulla. E forse Letta è stato paradossalmente più coerente, mettendo prima i rapporti economici e il denaro e poi il diritto, gli altri secondo me hanno solo fatto finta di porsi il problema».

 

Barilla è stata bersaglio di un poderoso boicottaggio mondiale dopo una dichiarazione del presidente da molti definita omofoba. La notizia fece il giro del mondo e Guido Barilla fu costretto più volte a scuse pubbliche. Lei che idea si è fatto di quella vicenda?

«Evito di valutare le dichiarazioni di Guido Barilla perché credo che si commentassero già da sé, però attenzione, consideriamo anche il modo in cui storicamente la Barilla ha fatto pubblicità. La Barilla è quella che ripropone ancora il modello di una famiglia mononucleare, felice, dimenticando che non solo esistono altre tipologie di famiglie ma che soprattutto anche la famiglia tradizionale è ben lontana dal vivere quella condizione illustrata da quegli spot, è una famiglia che vive in condizioni di estrema povertà, di disaggregazione, dove le frustrazioni vengono perpetuate anche nella violenza di un rapporto uomo-donna-bambino, una famiglia che alla fine diventa la cloaca dove la società scarica tutte le tensioni. La Barilla in questo senso ha sempre presentato il modello più falso e più ipocrita di famiglia unica. Tuttavia la marcia indietro di Guido Barilla è evidentemente la conferma, ancora una volta, che la mobilitazione sociale, le campagne e il disinvestimento rispetto tutte quelle transnazionali o imprese che violino i diritti umani, che discriminano il genere, che riproducono politiche razziste, xenofobe, omofobe, alla fine paga. Tutto questo lo avevamo già sperimentato rispetto alla questione delle banche armate, rispetto la questione delle politiche di finanziamento delle grandi opere, rispetto al Muos; l’esperienza sudafricana è stata forse la più grande esperienza storica, cioè in cui costringi un regime di apartheid a fare un passo indietro. Ed è per questo che credo che i movimenti sociali devono apprendere proprio da questo tipo di esperienze che non è vero che il grande capitale è qualcosa di invincibile, ma che con campagne rigide di disinvestimento si può costringere a cambi di politiche e ad una vera e propria destrutturazione di certe logiche».

 

Antonio Mazzeo, L'altra Europa per Tsipras,